“Eh belin!” disse, “suonate troppo forte!”
“Ma no, ci adattiamo a te!”
“Arrivate con tutti vostri watt e mi uccidete!”
“Ascolta” disse Franco prendendo la chitarra, “io ‘Il pescatore’ la vedo così. Un po’ più funky, un po’ più allegra…” e si mette a fare un giro di accordi.
Fabrizio ascolta e sorride. “E la batteria? Questo qui picchia forte, non so….”
Ci volle un po’, ma riuscimmo a convincerlo, forse anche perché riuscimmo a comunicargli il senso del gruppo. Fare una tournée però lo spaventava un po’. In generale Fabrizio è una persona un po’ schiva e l’idea di affrontare il pubblico tutte le sere, di viaggiare con noi e con tutto l’annesso, non gli garbava molto. Ma riuscimmo a trasmettergli la carica giusta. Gli garantimmo comprensione e collaborazione e alla fine, stringendoci la mano, suggellammo l’accordo.
Mettemmo su un bel gruppo di lavoro e dopo qualche mese il materiale fu pronto. Ne era uscita una cosa nuova e un po’ strana, dove la poeticità dei testi di Fabrizio e le sue belle e pulite linee melodiche si sposavano con una musicalità sognante, piena di immagini, invenzioni e colpi di scena. La cosa funzionò a meraviglia: i pezzi, completamente rivisti e rielaborati, assumevano un sapore nuovo e più pieno, mentre il dialogo tra testi e impasti sonori risultava continuo ed equilibrato. In questo contesto, la voce calda e affascinante di Fabrizio non veniva per nulla sacrificata, anzi. Tutto infatti era stato studiato nei minimi particolari affinché noi non lo coprissimo mai. Gli arrangiamenti erano stemperati: quando lui cantava, sembrava di vedere un acquerello, un dipinto molto bello dai colori tenui. C’erano però anche momenti in cui si partiva forte in modo da far esplodere la carica musicale della PFM. Ne fummo tutti molto soddisfatti. Anche il pubblico dimostrò di apprezzare quello strano connubio, tra due realtà che allora, in Italia, erano considerate assolutamente incompatibili. Invece la nostra idea funzionò, dimostrando che anche un cantautore può avere da guadagnare dalla collaborazione con un gruppo. E viceversa”.
Franz Di Cioccio