“Sono stato un campione di normalità, anche se alla fine il jazz è un demone che non porti al guinzaglio. Lui ti precede e ti sollecita. Puoi fare centinaia di cose nella vita, ma solo una, al massimo due o tre, sono quelle autentiche che hai dentro.”

E Franco Cerri (Milano, 29 gennaio 1926 – 18 ottobre 2021) ha rappresentato per moltissimi chitarristi italiani IL chitarrista jazz; vuoi per la sua bravura, vuoi per la sua passata grande esposizione televisiva. È una leggenda vivente.

Infatti, tra i ’60 e i ’70 era spesso in TV a intrattenere il pubblico con la sua simpatia e perizia come musicista: la sua popolarità fu tale da essere ingaggiato addirittura come testimonial (si direbbe oggi) di un detersivo, prestandosi a scenette divertenti per pubblicizzarlo.

Franco Cerri è “un autodidatta che ha imparato suonando”, come lui stesso afferma, schermendosi, e iniziò a registrare dischi a suo nome sin dai primi anni Cinquanta; suonò pure con alcuni giganti internazionali.

Il suo rilassato swing e sapienza nelle armonizzazioni che mostra con garbo ed eleganza per esempio nel 1964 in New Nova, Polka Dots and Moonbeams e My Foolish Heart lo indicano come un musicista più a suo agio con intime ballad o melodici brani a tempi moderati che con pezzi più rapidi e aggressivi. Comunque qualche graffio in Blues for Jo e soprattutto con Blues Italiano (’58), il Nostro ce lo ha lasciato.

Negli Ottanta si è cimentato anche in ambienti e sonorità più fusion e moderne nel disco Today! (’84), confermando la sua curiosità di esploratore di nuove vie, come d’altronde nel quasi minimale ma sofisticato Giovia (‘99).