Il concerto dei Pink Floyd del 14 aprile 1969 alla Royal Festival Hall di Londra ha il sapore della rivincita. Soltanto due anni prima infatti erano stati cacciati dalla sala gemella, la Queen Elizabeth Hall, colpevoli di aver lanciato petali e bolle di sapone che, secondo i rigidi proprietari, avevano sporcato e rovinato le poltrone di velluto.

Questa volta i Pink Floyd hanno preparato ogni cosa alla perfezione, e tutto deve essere perfetto.

Il concerto ha inizio. La sala è piena. Ci sono 2900 posti a sedere, uno spettacolo.

I Pink Floyd danno vita ad una rappresentazione di suoni, voci, e rumori mai così perfetta. Si sentono respiri affannosi, porte che sbattono, onde che si infrangono e versi di gabbiani. Ad un certo punto i membri della band prendono seghe, martelli e chiodi e costruiscono in tempo reale un tavolo; quindi è la volta dei roadies, che salgono sul palco con dei piccoli fornelli a gas sui quali si scaldano l’acqua e poi servono il tè ai Floyd.

Meraviglioso. Ma il meglio deve ancora venire. L’amico Peter Dockley sale sul palco indossando una maschera antigas e un costume da mostro marino, poi urina acqua sulle prime file. Il pubblico è sbalordito ed entusiasta. Tutto scorre liscio fino a quando una messa a terra difettosa trasferisce a David Gilmour una potente scarica elettrica che lo scaraventa giù dal palco. Niente di grave. Il pubblico fatica ad accorgersi del rischio che ha corso. Pensa che anche questa sia una diavoleria dei Pink Floyd.